Storia

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La posizione geografica ha condizionato la colonizzazione e le vicende storiche della Val Resia.
La valle non avendo vie di comunicazione come il Canal del Ferro, dove i contatti avvenivano in modo naturale ed assieme a uomini transitavano merci e culture, è rimasta “isolata” e si è evoluta in maniera diversa dalle vallate contermini. Per effetto dello stesso “isolamento” si è conservato un patrimonio culturale, musicale e linguistico particolare, unico e tuttora oggetto di studio. In Val Resia si parla ancora un dialetto arcaico di origine slava, le musiche, le danze e le tradizioni che si mantengono sono altrettanto antiche.

Le condizioni di vita misere, costringevano, per molte generazioni, la popolazione resiana all’emigrazione, in cerca di lavoro. Il mestiere tradizionale era quello del merciaio ambulante di ferramenta (arrotino). Gli arrotini emigravano principalmente in Austria, Boemia e Moravia.

L’ emigrazione era inizialmente stagionale: partivano con la krösma, che conteneva il materiale necessario per la loro attività, portata a spalla. Numerosi arrotini oltre ad affilare facevano altri lavori, come lo stagnino, l’ombrellaio, l’aggiusta pignatte e il vetraio.

Nel 1800 molti degli emigrati non tornarono più nella valle, che divenne uno dei territori friulani più poveri e arretrati, situazione che peggiorò successivamente tra la 1° e la 2° guerra mondiale.

Negli anni ‘30 la disoccupazione era quasi totale e molti emigrarono in altri paesi europei e nelle grandi città italiane, in cerca di lavoro: gli uomini nell’edilizia, le donne come domestiche (dikle), causando così un massiccio spopolamento e abbandono della valle.

Il successo economico tra gli anni ’60 e ’70 risolve il problema dell’emigrazione all’estero. Tuttavia, non essendoci in valle strutture economico-produttive, molte persone trovano occupazione e si stabiliscono in regione oppure fanno da pendolari.

Il terremoto del 1976. Il sisma mette in ginocchio tutto il Friuli, interi paesi vengono rasi al suolo. In Val Resia le frazioni disastrate sono Oseacco, Prato, Gniva mentre S. Giorgio, Stolvizza, Uccea e Lischiazze subiscono gravissimi danni. Sono necessari circa 15 anni per ultimare la ricostruzione grazie allo sforzo finanziario dello Stato, al buon funzionamento del Commissariato straordinario che coordina gli apparati amministrativi regionali, provinciali e comunali e, soprattutto, al grande impegno della gente.

Testo a cura di Lorenzo Barbarino

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